Ciclo vitale dei calabroni (genere Vespa)

Il ciclo vitale dei calabroni (genere Vespa) si compone generalmente di sei fasi:

FASE SOLITARIA anche detta fondazione: è la fase nella quale la regina, in primavera, si risveglia dal torpore invernale e inizia la costruzione del nido. Essa crea le prime cellette, un abbozzo di involucro, depone le prime uova e alleva la prima nidiata di larve. In questa fase la regina si occupa da sola di tutto: caccia, difesa, costruzione, cura della covata. Questa fase termina con la nascita delle prime operaie.

FASE COOPERATIVA: è la fase nella quale le prime operaie emergono e iniziano a svolgere i loro compiti, aiutando la regina nella caccia e nella costruzione.

FASE POLIETICA: inizia quando la regina cessa ogni attività fuori dal nido e si dedica esclusivamente alla deposizione delle uova, lasciando alle operaie, in costante crescita numerica, tutti i lavori pesanti. Questa è la fase che vede il maggior sviluppo del nido e della colonia in termini di numero di esemplari.

FASE SESSUALE o riproduttiva: inizia alla nascita del primo esemplare fertile (in genere un maschio) e marca la maturità sessuale della colonia. In questa fase, la produzione di operaie inizia a calare e quella di sessuati (maschi e nuove regine) aumenta esponenzialmente.
Si raggiunge ora il picco numerico della colonia.

DISSOLUZIONE: in questa fase, anche detta fase abortiva, maschi e nuove regine abbandonano la colonia per accoppiarsi, le ultime larve rimaste vengono abortite, la regina anziana muore e le operaie decrescono rapidamente fino all’estinzione della colonia. I maschi fertili di Vespa mandarinia e Vespa soror nascono qualche settimana prima delle femmine e iniziano ad esplorare il territorio alla ricerca delle altre colonie in modo da potersi accoppiare con le regine di tali colonie appena queste escono dal loro nido.
Gli accoppiamenti di Vespa velutina, Vespa orientalis e Vespa crabro avvengono in zone in rilievo come pali, alberi, edifici, ecc.

SVERNAMENTO: in questa fase, le nuove regine dopo essersi accoppiate, si cercano un posto per passare l’inverno. Intanto i maschi muoiono, lasciando le regine quiescenti gli unici esemplari presenti in questa parte del ciclo. Termina con l’inizio di una nuova fase solitaria la primavera seguente, quando il ciclo ricomincia.
Si stima che solo il 10% delle regine riesca a fondare una nuova colonia, il restante 90% non sopravvive abbastanza a lungo oppure non riesce ad accoppiarsi con successo (caso frequente soprattutto in Vespa mandarinia e Vespa soror).

Tabella di confronto



Vespa crabro Vespa orientalis Vespa velutina Vespa mandarinia
Quantità di operaie nido primario qualche decina qualche decina qualche decina
Dimensione nido primario 7 – 8 cm
Località nido primario Posizione riparata Posizione riparata o cavità Posizione riparata Cavità sotterranea o all’interno di tronchi
Vita media operaia 30 giorni 30 giorni 30 giorni 30 giorni
Alimentazione operaie glicifago glicifago glicifago glicifago
Alimentazione larve proteine animali proteine animali proteine animali proteine animali
Località nido secondario Posizione riparata Rami di alberi
Dimensione nido secondario 40 – 70 cm 30 – 50 cm 70 cm – 1 metro 50 cm – 1 metro
Numero stimato di nuove regine per colonia 50 – 150 50 – 150 1000 – 1500 200 – 500
Solitaria Aprile Maggio Marzo Aprile Marzo Aprile Maggio Giugno
Cooperativa Giugno Maggio Giugno Aprile Maggio Giugno Luglio
Migrazione nido secondario Giugno Luglio
Polietica Luglio Agosto Giugno Luglio Giugno Agosto Agosto Settembre
Sessuale Settembre Ottobre Agosto Settembre Settembre Novembre Settembre Novembre
Dissoluzione Novembre Novembre Dicembre Novembre Gennaio Novembre Dicembre
Svernamento Novembre Aprile Dicembre Marzo Novembre Febbraio Novembre Maggio
N. Adulti al picco 300 – 500 300 – 500 2000 – 4000 500 – 1000

Nella prima fila in alto potete vedere gli insetti di cui parliamo.
Illustrazione di Daniele Valeriani

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Come distinguere nidi di Vespa velutina da nidi di Dolichovespula

Tratto dal post Facebook di Jesse Mendelsohn pubblicato nel gruppo Insetti e altri artropodi- un fantastico mondo da scoprire.

Dal momento che è una domanda che viene fatta di frequente, e ancora più frequenti sono le errate identificazioni dei nidi, ho preso in prestito dal web (aprendole vedrete i link rispettivi) due foto secondo me rappresentative di nidi tipici di Vespa velutina e Dolichovespula.

Ormai siamo in inverno, gli alberi caduci hanno quasi tutti perso le foglie, quindi capita molto spesso di trovare queste strutture cartacee appese ai rami.
È bene saper distinguere i nidi di queste due vespe, perché una delle due, Vespa velutina, è una specie di origine asiatica che è stata introdotta in Europa per sbaglio. La popolazione europea si è originata in Francia nel 2004 a partire da una o poche regine cinesi giunte molto probabilmente tramite un carico di vasi per bonsai (letteralmente ‘dalla Cina cor furgone’). La presenza di questa specie andrebbe riportata ad enti appositi, in quanto è una specie invasiva che causa danni all’ecosistema nostrano e all’industria apistica.
Dolichovespula è invece un genere comprendente alcune specie native dell’Europa che fanno parte del nostro ecosistema da sempre, pertanto non andrebbero distrutte in modo ingiustificato, e non vi è il bisogno di riportarle a nessuno. Vediamo quali sono le differenze nella struttura dei nidi:

FORMA: Il nido di quasi tutte le specie di Dolichovespula, quando appeso ad un ramo o altra superficie, tende ad assumere una tipica forma a pera rovesciata con la parte alta più ampia e quella bassa più stretta. Questa forma accomoda la configurazione dei favi all’Interno: il favo più sviluppato, qualora doveste dissezionare il nido, sarà quasi sempre quello più in alto (il più vecchio).
-Al contrario, il nido di V. velutina tende ad avere una forma più globulare o ovoidale, molto spesso con la sommità più stretta rispetto alla parte bassa, probabilmente per far scivolare la pioggia più facilmente. Dissezionandolo, aspettatevi di trovare i favi più larghi verso il basso o verso il centro.

INVOLUCRO: Il nido classico di Dolichovespula tenderà ad avere nella metà più bassa un involucro molto liscio (laminare), cioè i vari strati che lo compongono vanno pochissimo a contatto fra loro, rimanendo paralleli. Nella parte alta del nido, invece, è possibile trovare un più alto grado di anastomosi fra i vari strati, che comporta la formazione di varie piccole sacche.
In sezione, troverete che l’involucro è molto più spesso (maggior numero di strati) nella parte bassa, quella laminare, mentre i favi tendono ad essere concentrati in quella alta, che avrà quindi meno strati.
-L’involucro di Vespa velutina, invece, è completamente formato da sacche (embricato) e in sezione mostra di avere circa lo stesso spessore sia in basso che in alto.

DIMENSIONI: Ovviamente questo non è un carattere assoluto, dipende dallo stato di avanzamento del nido, ma in genere i nidi di Dolichovespula non sono più grossi di un pallone da calcio. Al loro interno troverete da uno a tre favi, qualche volta fino a cinque, anche se l’ultimo è quasi sempre incompleto.
-Le dimensioni del nido di Vespa velutina sono più generose: nidi molto prosperosi possono arrivare a un diametro di quasi un metro, rendendo difficile avvolgere le proprie braccia attorno ad essi, ma in genere si fermano attorno ai 50/70 cm. In sezione mostreranno facilmente una dozzina di favi.

COLORE: Il nido di Dolichovespula è composto da fibre di legno secco, pertanto spesso tende ad assumere un colore grigio chiaro. Non è sempre vero, infatti qualche volta hanno bande di svariati colori a seconda del tipo di legno usato. Ho in collezione un nido con alcune bande rosse che fu costruito in parte usando legno da uno steccato dipinto di rosso. Quasi sempre è possibile distinguere bande di colore bianco, sono i resti degli opercoli delle pupe, che le operaie riciclano.
-Il nido di V. velutina è anch’esso a bande, ma si nota di meno, perché il colore è relativamente uniforme e mai grigio. In genere è color ocra, perché ottenuto da legno marcescente o comunque con un certo livello di umidità.

CONSISTENZA: Il nido di Dolichovespula, al tatto, risulta flessibile. Se prendete un pezzo di involucro e lo piegate attorno a una matita, sarà difficile che si spezzi. Al microscopio, le fibre di cellulosa si mostrano strette, lunghe e parallele.
-Il nido di V. velutina è invece abbastanza friabile, se sottoposto al test della matita l’involucro tenderà a frammentarsi, e al microscopio le fibre di cellulosa sono irregolari, spezzettate e ricche di impurità.

LOCALITÀ: Dolichovespula è un genere di clima temperato che non ama molto l’ambiente mediterraneo, per cui è più facile incontrarlo in montagna o in aree ombreggiate. La maggioranza delle specie italiane è per lo più alpina, mentre una, Dolichovespula media, è comune lungo gli Appennini, percorrendoli completamente fino alla Calabria.
-V. velutina è comune anche a basse altitudini fino al livello del mare, ed è per ora (dicembre 2020) limitata a Liguria, sud del Piemonte e nord-ovest della Toscana. Se non vivete in una di queste zone, per ora, è molto difficile che troviate questa specie.

CICLO VITALE: entrambe le specie hanno colonie annuali che vengono fondate in primavera, si sviluppano in estate e si estinguono con l’arrivo della stagione fredda. Dolichovespula è generalmente attiva dalla tarda primavera fino all’inizio dell’autunno, protraendosi talvolta anche fino a ottobre inoltrato o inizi di novembre.
-V. velutina forma colonie dalla vita abbastanza lunga, tracce di attività residua possono persistere fino a fine anno e qualche volta persino dentro gennaio.

Dolichovespula
Foto in alto: nido di Dolichovespula media dalla Repubblica Ceca
Foto in basso: Nido di Vespa velutina ‘nigrithorax’ dalla Francia
Nido di Vespa velutina nigrithorax

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Vespa mandarinia nel mondo

Elenco dei luoghi dove sono stati rinvenuti esemplari di Vespa mandarinia o i suoi nidi,
Cliccare sull’immagine per aprirla Google maps.

Il calabrone gigante asiatico è presente in molti paesi asiatici dalla Cina fino al Giappone a Sud fino a Vietnam e ad Ovest fino al Nepal alle regioni orientali dell’India.

Da Agosto 2019, è anche presente in Nord America sulla costa del Pacifico vicino al confine tra Canada e Stati Uniti. Nella mappa sono indicate tutte le località dove sono stati trovati esemplari di Vespa mandarinia o i loro nidi.
Le ultime catture di Vespa mandarinia risalgono al 2021, nel 2022 non sono ancora stati individuati esemplari viventi di questa specie in Nord America, rimane attivo il monitoraggio con la flebile speranza di essere riusciti ad eradicarla.

Vespa mandarinia, conosciuta con il nome comune di Calabrone Gigante Asiatico o Calabrone Gigante Giapponese, è il più grande calabrone vivente del pianeta.
Le sue dimensioni sono impressionanti: il corpo può raggiungere e superare i 50 mm di lunghezza, mentre l’apertura alare arriva oltre gli 8 cm.

Questo esemplare rinvenuto in Yunnan raggiunge un’apertura alare di ben 93.51 mm ed una lunghezza del corpo (escludendo antenne, zampe e altre appendici mobili) di oltre 60 mm. Questo individuo era decisamente sopra la media delle già ragguardevoli dimensioni normali di questo grande calabrone.
Immagine di Daniele Valeriani che mostra le differenze di dimensioni tra le varie specie di imenotteri presenti in Italia e Vespa mandarinia.
Questo è il poster prodotto dal Washington State Department of Agriculture
con i dati della rimozione del nido di Blaine del 23 Ottobre 2020

Quanto è pericolosa Vespa mandarinia?

Dalle 15 alle 26 persone muoiono ogni anno in Giappone a seguito della puntura di Imenotteri (api, vespe e calabroni). In Cina questi numeri sono compresi tra le 30 e le 40 persone.
Quando si comparano questi dati con quelli di un paese Europeo come l’Italia, dove il servizio sanitario è gratuito e generalmente di buona qualità, e si notano dai 10 ai 20 morti all’anno, avendo una frazione della popolazione Cinese e circa la metà della popolazione del Giappone, si può dedurre che la Vespa mandarinia non sia affatto più pericolosa dei nostri calabroni Vespa crabro e Vespa orientalis.

Al di là di una piccolissima parte della popolazione che soffre di allergie specifiche, sono necessarie circa 60 punture di Vespa mandarinia per uccidere una persona adulta in buone condizioni di salute. La maggior parte delle persone punte da 30 calabroni giganti contemporaneamente sopravvive a questa dolorosissima esperienza.

Qui un video in inglese che riassume quanto espresso in questo articolo VIDEO

Per ulteriori informazioni guardate questo link

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Database online

Acta Plantarum – Schede delle piante Italiane

Araneae – database di ragni e altri Aracnidi italiani

Atlas Hymenoptera – Atlante mondiale degli Imenotteri

Bladmineerders – Parassiti delle piante d’Europa – fillominatori, galle e funghi

Barcode of Life Data System (BOLD) – piattaforma di analisi e data storage online per le sequenze di DNA

Britsh Bugs – Enciclopedia degli emitteri britannici

BugGuide – Guida agli insetti

Cabi ISC – Il compendio delle specie invasive nel mondo

Catalog of Life – Catalogo completo e aggiornato annualmente di tutte le specie di viventi conosciute

Diplopoda.de – Tutti i diplododa

DoPI – Il database degli impollinatori

Encylopedia of Life – informazioni su ogni essere vivente

Featherbase –  Feathers database to give you an insight into the plumage of the birds of the world.

Fishbase – Database per le specie ittiche

Leps – Falene e Farfalle di Europa e Nord Africa

NCBI – Il National Center for Biotechnology Information consente il progresso scientifico e medico fornendo l’accesso alle informazioni biomediche e genomiche.

Planetcatfish – La più grande raccolta mondiale di informazioni sui Loricaridi

Pollinator accademy – Impara a riconoscere i principali impollinatori

Pyrgus.de – I lepidotteri e la loro ecologia

Spider Silkdome DB – Spider Silkome Database

World Spider Catalog – Un database online che fornisce a utenti di tutto il mondo un accesso immediato a tutta la letteratura tassonomica su più di 48.000 specie di ragni

Conosci altri database online di specie di viventi?
comunicameli

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Lotta biologica contro Halyomorpha halys

La cimice asiatica o cimice marmorata è arrivata in Europa nel 2004, le prime segnalazioni in Italia sono del 2012 (Modena).
Si tratta di un Emittero Pentatomide fitofago, come tutti i Rincoti ha un apparato pungente succhiante con il quale penetra nei tessuti delle piante per succhiarne i liquidi zuccherini. Questo causa una suberificazione, o una necrosi dei tessuti coinvolti, rendendo il frutto colpito invendibile o causando la morte del seme.
Questa specie è estremamente polifaga e attacca pomacee, drupacee, leguminose, solanacee, ecc.
Le stime dei danni all’agricoltura sono di svariate centinaia di milioni di euro ogni anno.
Inoltre, nei mesi freddi cerca rifugio nelle nostre abitazioni, causando non pochi disagi.

Nel 2012 i nostri normali predatori di cimici come ragni, mantidi, uccelli insettivori, anfibi, rettili ed i parassitoidi non riconoscevano questo insetto e quelli che hanno provato ad assaggiarlo lo hanno sputato disgustati.
Ci sono filmati (purtroppo non miei) di rospi che le sputano dopo averle morse e si puliscono la lingua con le zampe, ragni che tagliano la tela in cui sono rimaste intrappolate le cimici per liberarsene, persino mantidi che dopo un primo assaggio, la lasciano andare e si puliscono le mandibole.
Di seguito un paio di video di Mantide che lascia andare una Halyomorpha dopo averla assaggiata.

Riproduzione

Halyomorpha halys compie due generazioni all’anno deponendo una decina di ovature da 28 uova disposte in modo geometrico molto preciso.

La lotta chimica è risultata inefficace per combattere questo insetto, quindi ci si è concentrati sui metodi di lotta biologica.

Progetto di lotta biologica

I migliori candidati da utilizzare nella lotta biologica contro Halyomorpha halys sono tre imenotteri parassitoidi che depongono il proprio uovo all’interno dell’uovo della cimice.

  • Anastatus bifasciatus, autoctono
  • Trissolcus japonicus
  • Trissolcus mitsukurii

Tra questi 3 insetti, Anastatus bifasciatus è l’unico insetto autoctono già presente in Italia motivo per il quale Bioplanet di Cesena, ha puntato molto su questo insetto

https://bioplanet.eu/it/anastatus-bifasciatus/

Le femmine di Anastatus bifasciatus vivono circa un paio di mesi, nel corso dei quali depongono circa 50 uova all’interno di grandi uova di cimice. Gli adulti sono glicifagi (si nutrono di liquidi zuccherini come melata e nettare).

Inizialmente presentava caratteristiche promettenti. Nei primi test in ambiente controllato è arrivato quasi al 50% di ovature parassitizzate, purtroppo una volta provato in campo non ha superato il 6% di ovature colpite.
Non molto efficace in quanto è un parassitoide generalista, quindi colpisce molti altri insetti oltre ad Halyomorpha halys.
E’ stato comunque scelto di fare lotta biologica con questo imenottero autoctono nella regione autonoma del Trentino i lanci sono stati effettuati a Giugno 2020
3 mila esemplari sono stati rilasciati nei boschi vicino ai meleti di Nalles

Scartato Anastatus, si è passati a studiare gli imenotteri del genere Trissolcus originari delle stesse aree di Halyomorpha halys e suoi parassitoidi specializzati.

Ogni femmina di Trissolcus sp. depone una cinquantina di uova e l’insetto compie da 8 a 10 generazioni ogni anno in funzione dell’andamento climatico.

Prima di immettere una specie in un’area dove questa non è presente, vanno fatte varie considerazioni sull’impatto ambientale che questa azione comporterà e quali saranno gli effetti a lungo termine, a questo fine, il CREA DC ha redatto uno studio analizzando tutti questi fattori di rischio.

Mentre noi europei facevamo queste prudenti considerazioni, gli yankee dall’altra parte dell’atlantico hanno deciso di non aspettare e hanno lanciato Trissolcus sp. apparentemente senza causare grossi disastri ambientali (QUESTA volta gli è andata bene). Nel frattempo sono state trovate in Italia ovature di Halyomorpha halys parassitizzate da Trissolcus japonicus e Trissolcus mitsukurii che sono arrivate nel nostro paese spontaneamente seguendo i propri ospiti preferiti.

A questo punto, considerato che Trissolcus sp. era già presente nel territorio nazionale e tenendo in considerazione i risultati interessanti ottenuti in laboratorio di quarantena autorizzato, si è deciso di procedere all’allevamento e al lancio di Trissolcus japonicus.

I primi lanci sono avvenuti a Giugno 2020 rilasciando 66.000 esemplari in 5 regioni Friuli Venezia Giulia, Veneto, Emilia-Romagna, Lombardia e Piemonte e nelle 2 province autonome di Trento e Bolzano.

A fine anno sarà possibile analizzare i dati della effettiva parassitizzazione da parte di Trissolcus japonicus, Trissolcus mitsukurii e Anastatus bifasciatus su ovature naturalmente deposte raccolte in alcuni dei siti di lancio.

Allevamento di Trissolcus Japonicus. Intervista a Lara Maistrello

Video 29 aprile presentazione progetto

https://agricoltura.regione.emilia-romagna.it/notizie/2020/aprile/online-materiali-video-webinar-contrasto-cimice-asiatica

Interventi

https://agricoltura.regione.emiliaromagna.it/convegni/2020/contrasto-alla-cimice-asiatica-la-lotta-biologica-con-il-parassitoide-trissolcus-japonicus

Nel 2020 abbiamo assistito ad un calo della popolazione di Halyomorpha halys rispetto agli anni precenti che può essere in parte dovuto anche ad altri fattori biotici e abiotici.
L’andamento climatico nel 2020 non è stato particolarmente favorevole ad Halyomorpha halys, e FINALMENTE i nostri ragni, mantidi ed altri animali insettivori hanno cominciato a mangiarsele… c’è voluto qualche anno, ma finalmente si sono adattati al gusto forte della cimice asiatica.

Ad oggi non è ancora possibile dire se i lanci hanno avuto successo o meno, in attesa dei dati definitivi, nei prossimi anni vedremo se i lanci di Trissolcus japonicus hanno portato all’effetto sperato.

Aggiornamento del 14/11/2020
In un articolo scientifico appena pubblicato si evidenzia l’attività di vari insetti normalmente presenti nella nostra fauna nel divorare uova e neanidi di 1a età di H. halys.
Particolarmente efficace si è rivelato un piccolo ortottero onnivoro. Vi rimando alla lettura dell’articolo per i dettagli.

Eupholidoptera chabrieri si è rivelato un ottimo predatore di uova e di neanidi di 1a età di H. halys fornendo un potenziale aiuto nel contenimento della specie invasiva.

Aggiornamento al 22/01/2021

Il CREA ha rilasciato un comunicato stampa in cui si annuncia che il 35% delle uova di Halyomorpha halys sono risultate parassitizzate da Trissolcus japonicus ed altri parassitoidi.
Qui il link comunicato.

Aggiornamento 26/02/2021

Intervista a Lara Maistrello sulla situazione a Febbraio 2021

Aggiornamento del 12/03/2021

Il programma dei lanci è stato rinnovato per le regioni e province che già avevano avuto approvazione nel 2020 ed è stato esteso anche ad altre regioni che ne hanno fatto richiesta tra le quali Liguria, Marche, Umbria, Campania e Sardegna.

Aggiornamento del 26/04/2022

Pubblicazione dell’articolo “Biocontrol implications of multiparasitism by Trissolcus mitsukurii and Trissolcus japonicus on the invasive brown marmorated stink bug
di Elena Costi, Emanuele Di Bella, Daniele Iotti, Lara Maistrello

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UN RAGNO DI 3 METRI!!!

Paurimetro

In questa foto potete vedere un innocuo Olios argelasius (che poi sappiamo tutti essere un Violinus malmignattentsis satanassis assassino di vecchiette e rapitore di chiuaua travestito da innocuo ragno domestico), ma soprattutto il PAURIMETRO!

Infatti la scala graduata di destra è in normali e noiosi centimetri, mentre quella di sinistra è in paurimetri calcolati al cambio attuale.

In rosso potete vedere la stima delle dimensioni che può raggiungere (3 metri).

Esistono sistemi di misura ANALOGICI e sistemi DIGITALI, questo è un sistema ANALogico, ossia a culo.

In realtà il paurimetro è una misura variabile… le dimensioni aumentano al diminuire della distanza tra la nostra faccia e l’artrpode che ci terrorizza.

In altre parole il paurimetro è l’unità di misura con cui stimiamo ad occhio le dimensioni di qualcosa che ci fa paura. Per esempio un calabrone che fuori dalla finestra misura 25mm, sarà già percepito come 35mm se è nella parte INTERNA della finestra, e se poi ci vola vicino al viso, lo percepiremo come 50mm o anche oltre. Questi sono i paurimetri, più che una misura in lunghezza reale è una misura percepita in base alla nostra paura.

P.s. notare la finezza di tenere il metro inclinato e non piatto sul muro al fine di guadagnare parecchi mm in più nella foto in prospettiva.

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Distinguere Colchicum da Crocus

Colchicum sp.
Colchicum sp. fotografato nei prati vicino al Lago Brasimone, appennino Bolognese

Nei prati di montagna in settembre, si assiste alla fioritura dei fiori del genere Colchicum, molto belli e pericolosamente simili ai fiori di Crocus.

Nel genere Crocus, ha un notevole rilievo economico e gastronomico la specie Crocus sativus, meglio noto come Zafferano la cui fioritura avviene tra Ottobre e Novembre, variando ovviamente per altitudine, latitudine e andamento climatico.

Le differenze tra i due generi sono molteplici, ma quella essenziale è la presenza di alcuni alcaloidi altamente tossici contenuti nelle piante del genere Colchicum.

Colchicum autumnale in particolare contiene colchicina e colchiceina due alcalodi estremamente tossici, che se ingeriti possono portare alla morte (vi risparmio i dettagli, ma è particolarmente dolorosa e sgradevole).
La dose tossica per una persona adulta è di circa 10 mg.
La fioritura del Colchicum autumnale è generalmente anticipata di uno o due mesi rispetto a quella di Crocus sativus anche se ovviamente può variare parecchio.

La colchicina ha anche usi terapeutici ed è impiegata in diverse ricerche in ambito agronomico e medico, tra cui terapie sperimentali contro il virus SARS-CoV-2.
Per saperne di più https://pubmed.ncbi.nlm.nih.gov/32337546/

La differenza morfologica più facile da individuare è il numero degli stami
I fiori del genere Colchicum hanno 6 stami per fiore
I fiori del genere Crocus hanno 3 stami per fiore

Per ulteriori informazioni

Crocus sativus L. https://it.wikipedia.org/wiki/Crocus_sativus

Colchicum autumnale L. https://it.wikipedia.org/wiki/Colchicum_autumnale

Colchicina https://it.wikipedia.org/wiki/Colchicina

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Conoscere i ragni con la lingua dei segni

Una magnifica iniziativa di divulgazione scientifica organizzata da Aracnofilia assieme a CounseLis, vi invito a seguire le loro attività.

Aracnofilia
Sito Web https://www.aracnofilia.org/
Facebook https://www.facebook.com/aracnofilia.org

CounseLis
Sito Web http://counselis.it/
Facebook https://www.facebook.com/CounseLis

01 – Presentazione

https://www.facebook.com/aracnofilia.org/videos/252531306040304/?extid=eGPhMOoSp7fCdLP6

02 – Chi sono i ragni?

https://www.facebook.com/227951264052244/videos/186828556071301

03 – I ragni sono pericolosi?

https://www.facebook.com/227951264052244/videos/572476183643450

04 – Sono importanti i ragni ?

https://www.facebook.com/227951264052244/videos/755336921942809

05 – Come comunicano i ragni

https://www.facebook.com/227951264052244/videos/280917556518894

06 – La muta dei ragni

https://www.facebook.com/227951264052244/videos/2976819715748523

07 – La seta dei ragni

https://www.facebook.com/227951264052244/videos/287505896027133

08 – Adattamenti ad ambienti estremi

https://www.facebook.com/227951264052244/videos/616557215636052

09 – Il sesso nei ragni

https://www.facebook.com/227951264052244/videos/3848265691867236

10 – Come cacciano i ragni?

https://www.facebook.com/227951264052244/videos/303303954068008

11 – I ragni e la tecnologia

https://www.facebook.com/227951264052244/videos/333231907716978

12 – Riproduzione

https://www.facebook.com/227951264052244/videos/673107323562104

13 – Come vedono i ragni?

https://www.facebook.com/227951264052244/videos/621739555209219

14 – Conclusioni

https://www.facebook.com/227951264052244/videos/1407683139432397

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L’argia, tra scienza, tradizione e superstizione.

Articolo di Mauro Mura,
sito https://regnoanimalia.altervista.org/largia-tra-scienza-tradizione-e-superstizione/

Latrodectus tredecimguttatus (Rossi, 1790), è un ragno (ordine Araneae) appartenente alla famiglia Theridiidae e al genere Latrodectus, nel quale vengono classificati i ragni noti comunemente come “vedove”.

Etimologia e nomi comuni.
Il nome latino significa “prigioniero mordace con 13 macchie”, in riferimento alla pericolosità del morso e alla livrea. Il nome italiano di questa specie è “malmignatta”, o “vedova nera mediterranea”, da non confondere con la congenere nordamericana Latrodectus mactans, la “vedova nera americana”. Alla specie sono state attribuite anche varie denominazioni dialettali. Nell’alto Lazio veniva anticamente chiamato “ragno volterrano”, “falange volterrana” o “bottone”. In Sardegna “argia” o “arza”. Sempre in alcune zone della Sardegna è comune che con questi nomi vengano erroneamente indicati anche alcuni Hymenoptera della famiglia Mutillidae, più propriamente le “formiche di velluto”, coi quali questo ragno condivide una livrea vagamente simile. Probabilmente il tutto è frutto di un antico fraintendimento.

Femmina adulta.
Credits: Instagram post by SpiderShots • Apr 18, 2014 at 3:06pm UTC

Caratteristiche.
Il suo aspetto è caratteristico, tanto da rendere impossibile confonderla con altre specie dello stesso areale. È presente un marcato dimorfismo sessuale. La femmina raggiunge dimensioni molto maggiori del maschio, arrivando ai 15 mm, mentre il maschio, molto più affusolato, tocca i 7 mm. Entrambi hanno circa il triplo della lunghezza in legspan, e le 4 zampe mediane sono più corte delle altre. Principale caratteristica della specie è il corpo nero con le 13 macchie sull’opistosoma (addome), rosse nelle femmine, bianche, gialle o rosate nei maschi, per entrambi i sessi talvolta bordate di bianco. Questa è chiaramente una livrea aposematica, ovvero un avvertimento della sua pericolosità rivolto ad eventuali predatori.
Nonostante l’ampia diffusione, la specie è monotipica, cioè non presenta sottospecie. Le differenze tra esemplari sono perciò unicamente dovute a variabilità individuale.

Maschio adulto.
Fonte: https://forum.aracnofilia.org/topic/20236-santa-teresa-gallura-ot-latrodectus-tredecimguttatus/

Distribuzione.
L’areale è molto vasto, coprendo tutte le coste del Bacino del Mediterraneo espandendosi fino all’Asia centrale, dove però risulta meno comune. In Italia è largamente diffusa, dalla Liguria, seguendo per Toscana, Lazio, Campania, Puglia, Basilicata, Calabria, Sicilia, Sardegna e molte isole minori di queste regioni. Ci sono anche rare segnalazioni per altre regioni e la presenza del suo habitat ideale fa supporre che sia più diffusa di quanto si crede.

Diffusione di Latrodectus tredecimguttatus. La specie non è presente in tutta l’area dei paesi indicati.
Fonte: https://www.animali-velenosi.it/ragni/malmignatta-latrodectus-tredecimguttatus/

Habitat.
Nonostante non sia una specie sinantropica può raramente essere rinvenuta nei pressi delle case di campagna, ma il suo habitat d’elezione è la bassa macchia mediterranea, meglio se intervallata da zone aride e pietraie. Non disdegna stabilirsi anche in muretti a secco o nella corteccia porosa di Olea europaea (l’ulivo o olivastro).

Biologia alimentare.
Tesse una tela irregolare molto robusta che spesso tradisce la sua presenza all’entrata della tana. La tela ha diverse funzioni di cui la principale è implicata nella cattura delle prede, principalmente insetti di taglia anche di poco superiore alla sua. Quando questi si impigliano, il ragno li morde ripetutamente per ucciderli col veleno. Il veleno costituisce gli stessi succhi gastrici del ragno, il quale successivamente sugge i tessuti liquefatti delle prede, lasciandone solo gli esoscheletri vuoti, che si accumulano così nei pressi della ragnatela.

Coppia fotografata a Santa Teresa di Gallura. Maschio a sinistra e femmina a destra. In alto sono anche visibili i resti di alcune formiche predate.
Fonte: https://forum.aracnofilia.org/topic/20236-santa-teresa-gallura-ot-latrodectus-tredecimguttatus/

Biologia riproduttiva.
I maschi di questo genere quando sono alla ricerca di una femmina non mangiano. Di solito formano una piccola ragnatela nella quale depongono una goccia di sperma. Dopo averne prelevato un po’ con degli speciali contenitori presenti sui loro pedipalpi, posizionano lo sperma nei genitali della femmina. Spesso l’accoppiamento termina con la femmina che divora il maschio (da cui l’epiteto “vedova”). Questo fornirà un surplus proteico per la produzione delle uova. La femmina depone fino a 750 uova divise in gruppi a formare degli ovisacchi che vengono appesi alla tela. L’incubazione dura 14 giorni, dopo i quali i neonati si disperdono. Nei casi in cui sono impossibilitati a farlo, tra i piccoli è frequente il cannibalismo. I maschi raggiungono la maturità in 70 giorni, le femmine in 90. I maschi hanno circa 2 mesi di vita adulta, le femmine arrivano ad un anno.

Ovisacco poco dopo la schiusa e poco prima della dispersione.
Fonte: https://forum.aracnofilia.org/topic/20236-santa-teresa-gallura-ot-latrodectus-tredecimguttatus/

Rapporti con l’uomo.
È una delle 2 uniche specie che hanno un morso di rilevanza medica in Italia (assieme a Loxosceles rufescens, il ragno violino).
La sindrome derivata dal suo morso è chiamata “latrodectismo” ed è legata alla cultura agropastorale. Infatti ci sono molte prove che fosse frequente per chi lavorava in campagna venire a contatto con questo ragno, magari nei momenti in cui ci si riposava nei tipici luoghi che fungono da tana per questi animali. Il veleno è neurotossico e tra i sintomi più comuni sono compresi febbre, forte sudorazione, cefalea, crampi muscolari, in particolare addominali e nausea. Può aggravarsi fino a portare a sintomi cardiologici e renali, allo svenimento o al coma e, molto raramente, alla morte. Il quadro clinico è più grave se il soggetto morso è un bambino, per una questione di massa corporea, un anziano, una persona già debilitata o allergica ad una componente del veleno.
I danni vengono smaltiti nel tempo senza necessità di un antidoto, e si arriva alla guarigione completa in poche settimane o mesi a seconda della gravità. Nonostante questo, in passato si son venute a creare delle credenze secondo le quali, al mostrarsi di questi sintomi si dovesse ricorrere ad alcune pratiche tradizionali. Il malato veniva sotterrato per favorire la sudorazione, che avrebbe dovuto dissipare la malattia, oppure il malato avrebbe dovuto ballare fino allo sfinimento per raggiungere lo stesso scopo. Inutile dire che spesso ciò aggravava lo stato di salute del poveretto, ragion per cui, scomparsa la terapia tradizionale, la mortalità derivata da questa situazione è oggi estremamente inferiore. Queste pratiche erano anche legate ad aspetti esoterici e, più che una cura, spesso prendevano i toni di un esorcismo musicato. Gli aspetti culturali e psicologici del fenomeno sono stati studiati in modo approfondito dall’antropologo culturale Ernesto De Martino intorno al 1950.
Le false credenze relative a questo ragno non si fermano alla sfera medica, ma includono anche un importante errore zoologico. Infatti la responsabilità del suo morso veniva attribuita ad altre specie con cui condivide parte dell’areale e habitat, e che, date le dimensioni e le abitudini girovaghe, tendono ad essere maggiormente notate: i ragni della famiglia Lycosidae, e in particolare Lycosa tarantula, la vera tarantola o taranta. Infatti questi ragni hanno un morso decisamente più doloroso, data la dimensione dei cheliceri, ma completamente innocuo sotto il profilo medico. La stessa credenza ha generato il nome delle tarantelle, danze tipiche del sud Italia, come la pizzica salentina, che mimano le convulsioni del malato di latrodectismo, che in alcune zone veniva originariamente ed erroneamente chiamato appunto “tarantismo”.

Una fase del rituale.
Fonte: http://www.psychiatryonline.it/node/7667

Testo di Mauro Mura.

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